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Gli ematologi del Santa Maria capofila di uno studio sui linfomi di Hodgkin, pubblicato sul prestigioso Journal of Clinical Oncology

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Dott. Francesco Merli

Lo studio “Long-Term Results of the HD2000 Trial Comparing ABVD Versus BEACOPP Versus COPP-EBV-CAD in Untreated Patients With Advanced Hodgkin Lymphoma: A Study by Fondazione Italiana Linfomi” – coordinato dal Dott. Francesco Merli, direttore della Struttura Complessa di Ematologia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria Nuova – IRCCS di Reggio Emilia – è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Clinical Oncology.
Lo studio affronta il delicato tema della “qualità della guarigione” dei pazienti con linfoma di Hodgkin, dimostrando l’importanza di osservare i pazienti trattati per Linfoma di Hodgkin ben oltre i primi 5 anni trascorsi dalla terapia iniziale e confermando l’ottima efficacia di trattamenti basati sullo schema ABVD.

Lo studio si inserisce in un progetto attivo presso l’Ematologia del Santa Maria, finalizzato a monitorare gli effetti a lungo termine dei trattamenti subiti dai pazienti con LH, condotto sia a livello locale che a livello nazionale, nell’ambito delle attività della Fondazione Italiana Linfomi che coordina ricercatori esperti di ematologia di circa 150 centri italiani. Alla realizzazione di questo studio ha contribuito con un supporto economico anche la Fondazione GRADE Onlus.

A conferma dell’importanza della pubblicazione gli editori della rivista JCO hanno attribuito allo studio il profilo di “rapid communication”, conferito in presenza di dati considerati meritevoli di una rapida diffusione alla comunità scientifica internazionale. La pubblicazione ha inoltre ricevuto la speciale considerazione degli Editori del JCO, che hanno commissionato un editoriale di accompagnamento al lavoro al prof. Engert dell’Università di Colonia, uno dei massimi esperti mondiali della materia, per discuterne ed evidenziarne il significato.

Nel dettaglio lo studio pubblicato fornisce nuovi dati raccolti dopo 10 anni dalla cura in un gruppo di 307 pazienti con linfoma di Hodgkin che presentavano malattia in stadio avanzato.
Nello studio in particolare venivano confrontate 3 strategie di trattamento che differivano nella scelta della chemioterapia iniziale. Un gruppo di pazienti era trattato con la chemioterapia ABVD, che rappresenta lo schema più utilizzato al mondo, un gruppo con lo schema BEACOPP e un gruppo con uno schema denominato COPPEBVCAD. Elemento comune agli schemi BEACOPP e COPPEBVCAD è l’elevata intensità della cura, maggiore rispetto a quella di ABVD e ritenuta da molti utile per ottenere un maggiore controllo della malattia ed evitare così la necessità di ricorrere a terapia di seconda linea (salvataggio). I primi risultati dello studio erano già stati pubblicati nel 2009 e, riferiti a un periodo di osservazione dei pazienti di circa 5 anni, avevano dimostrato che per alcuni pazienti trattati con lo schema BEACOPP era possibile ridurre il numero di recidive e quindi ridurre l’utilizzo di terapie di “seconda linea”. La novità rappresentata dai nuovi dati, pubblicati con altri 5 anni di controlli, è l’osservazione che nel lungo termine le differenze osservate tra i tre gruppi di trattamento si annullano, in particolare per effetto di un eccesso di alcuni “effetti collaterali” ritardati, osservati tra i pazienti sottoposti alle terapie più intensive (BEACOPP e COPPEBVCAD).

Come discusso dagli stessi autori a commento dei risultati, questo lavoro fornisce importanti osservazioni utili per i gli specialisti, per i pazienti e per il mondo della ricerca. In particolare i medici hanno ora a disposizione nuovi dati e sono esortati a discutere con il paziente le diverse opzioni terapeutiche e a considerare nella scelta del trattamento anche il rischio di effetti collaterali ritardati in grado di vanificare una cura efficace. Per chi si occupa di ricerca oncoematologica, lo studio pubblicato si aggiunge ad altre osservazioni analoghe che sostengono l’utilità che tutti i pazienti trattati con Linfoma di Hodgkin vengano sottoposti a controlli periodici ben oltre il classico periodo di 5 anni e che la ricerca si interessi di valutare anche questi dati a lungo termine.

Il linfoma di Hodgkin è una neoplasia del sistema linfatico e rappresenta il tumore più frequente tra i soggetti di giovane età. Costituisce circa il 10% di tutti i linfomi e colpisce generalmente soggetti di età compresa tra i 20 e i 30 anni, presentandosi generalmente con l’ingrossamento dei linfonodi. L’incidenza della malattia è pari a circa 3-4 casi ogni 100.000 abitanti (che corrisponde a circa 15-20 nuovi pazienti all’anno per la provincia di Reggio Emilia).
Considerata malattia inguaribile negli anni ’50, oggi il Linfoma di Hodgkin è una delle neoplasie associate ai migliori tassi di guarigione. Grazie ai trattamenti combinati di chemioterapia e radioterapia il 75% circa dei pazienti riesce a ottenere la cura già con la prima linea di trattamento. Per il 25% dei pazienti in cui si osserva una recidiva di malattia è necessario ricorrere a terapie di seconda linea (autotrapianto di midollo) che sono efficaci nei 2/3 dei casi. Complessivamente la guarigione completa è ottenibile nel 90% circa dei pazienti. Visti gli ottimi risultati ottenuti con la terapia del linfoma di Hodgkin, in un tentativo di miglioramento continuo, la ricerca si è progressivamente spostata dall’identificazione di terapie efficaci alla valutazione di trattamenti sicuri, esenti da effetti collaterali in grado di rendere vani gli effetti curativi dei trattamenti.

La struttura di Ematologia dell’AO Santa Maria Nuova IRCCS di Reggio Emilia è ampiamente coinvolta in progetti di ricerca clinica in ambito oncoematologico, partecipando e coordinando numerosi studi clinici con l’obiettivo di migliorare le conoscenze e affinare i trattamenti dei pazienti con linfoma e con altri tumori del sangue. Già dal 2002 la Fondazione Giulia Maramotti, attraverso una donazione a GRADE Onlus, ha permesso di attivare il “Progetto Linfomi” finalizzato alla formazione dei professionisti coinvolti nella diagnosi e nella cura dei linfomi. A partire dal 2007 tale progetto, rivisto ed ampliato nei suoi obiettivi, si è trasformato in un progetto aziendale strutturato denominato “Linfocare”.

La rivista Journal of Clinical Oncology è annoverata tra le più prestigiose riviste scientifiche internazionali che si occupano di oncologia ed ematologia, possiede un impact factor (18.8) che la pone ai primi posti della letteratura scientifica (top 1%) ed è la rivista più letta tra gli specialisti oncoematologi a livello mondiale. Nel corso del 2014 ha ricevuto ben 133.258 citazioni da parte di altri ricercatori, dato che la pone al primo posto tra le riviste più citate in oncoloematologia. Gli editori della rivista applicano una severa selezione dei lavori, pubblicando solo il 13% di quelli esaminati. Ancora più rara è l’attribuzione di “rapid communication” concessa solo al 5% delle pubblicazioni, in presenza di dati considerati di elevato impatto per la comunità scientifica.

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